mercoledì, Dicembre 11

Giornalismo tra passato e futuro: a Perugia Asu e Odg riflettono sulle prospettive della professione

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Tra precarietà del lavoro, redazioni svuotate e mancanza di diritti il futuro della professione giornalistica è fortemente a rischio, così come lo è la qualità del giornalismo stesso. È l’allarme che è emerso con forza a Perugia nel corso del seminario “Giornalismo tra passato e futuro: la nostra professione è a rischio?” promosso da Associazione Stampa Umbria e Ordine dei giornalisti dell’Umbria, con la partecipazione di Guido Bossa, presidente dell’Unione nazionale giornalisti pensionati, Giancarlo Tartaglia, segretario generale della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”, e Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, coordinati dalla giornalista Noemi Campanella, vicepresidente di Asu.

L’incontro si è aperto con la presentazione da parte di Bossa dei risultati della ricerca “Giornalisti fra passato e futuro”, promossa dall’Unione nazionale giornalisti pensionati, che attraverso circa 900 questionari somministrati a colleghi e colleghe in pensione ha scattato una fotografia della professione e della crisi dell’editoria e dell’informazione tutta. C’è un dato che descrive molto bene lo stato di salute del “sistema”: solo il 23 per cento dei pensionati intervistati ha infatti raggiunto i requisiti ordinari di vecchiaia, il 43 quello di anzianità e addirittura il 30 per cento è stato “prepensionato”, con le conseguenze ben note che hanno portato al declino dell’Istituto di previdenza.

L’altra faccia della medaglia, come rimarcato nel suo intervento in particolare da Giancarlo Tartaglia, sta nella progressiva precarizzazione di chi la professione la svolge ancora. Precarietà sdoganata con il dilagare dei contratti co.co.co, quel lavoro para-subordinato che assomiglia tremendamente al subordinato nei doveri, ma senza averne i diritti e la retribuzione. A questo si aggiunge una contrattazione sindacale che è sostanzialmente arenata per la scomparsa della controparte: la Fieg latita, restano i singoli editori, e sul versante del lavoro, con la combinazione tra freelance e co.co.co. viene meno la centralità della redazione.

Il presidente Bartoli si è soffermato sulla necessità di una riforma urgente delle regole della professione giornalistica e di un’azione politica collettiva. “Dobbiamo riuscire a parlare alle istituzioni e affermare un concetto: il pluralismo va pagato. L’Italia è il paese che in Europa dedica la minor percentuale di Pil al sostegno al pluralismo e quindi al settore dell’informazione, che è un valore per i territori e va per questo riconosciuto. Se in futuro non riusciremo ad avere un protagonismo collettivo come organismi della categoria, facendo massa e forza, in un dialogo serrato con le istituzioni, in futuro avremo solo nicchie di informazione di qualità a pagamento, quindi non per tutti, e masse di informazioni di scarso valore, riciclate, scopiazzate e sempre più omologate, che saranno gestite dalle grandi piattaforme, il che è un grande problema per la democrazia”.

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